Le origini progettuali dell’AMX risalgono alla metà del 1977, quando l’Aeronautica Macchi – meglio nota come Aermacchi - annunciò che stava lavorando ad una proposta congiunta con l’Embraer. Designato MB 340, il nuovo monoposto da attacco al suolo era mirato a soddisfare il requisito A-X della Força Aérea Brasileira.
Nello stesso periodo, in modo più discreto, l’Aeritalia di Torino (Gruppo Aerei da Combattimento) aveva iniziato lo sviluppo di un monomotore monoposto subsonico destinato allo stesso impiego. Dopo aver scartato il progetto G 291, evoluzione monomotore del G 91Y con nuova ala, l’Aeritalia valutò varie configurazioni, fino ad orientarsi su un velivolo più pesante dell’M.B. 340, espressamente mirato a rimpiazzare sia il G 91R che il G 91Y, allora in linea con l’AMI.
Per quello che sarebbe poi diventato l’AMX, l’Aeritalia prese anche in considerazione l’impiego di una variante senza postbruciatore del Turbo-Union RB.199, lo stesso turbofan del Tornado e dunque con evidenti vantaggi di standardizzazione.
L’8 giugno 1978, su pressione dell’Aeronautica Militare, che voleva evitare la concorrenza tra due aerei di produzione nazionale, Aeritalia ed Aermacchi annunciarono l’intenzione di procedere insieme allo sviluppo di un aereo in grado di soddisfare i futuri requisiti per le missioni di attacco al suolo.
Nell’ottobre dello stesso anno, con una decisione che all’epoca fece scalpore, i vertici AMI imposero che il nuovo aereo fosse spinto, per ragioni di “affidabilità”, da un turbofan Rolls-Royce RB168-807 da 49kN, versione militare di un motore civile, acquisito come GFE (Government Furnished Equipment). I ricorrenti inconvenienti a questo propulsore, uno dei quali causò la perdita del primo prototipo dell’AMX e la morte del Capo Pilota Collaudatore dell’Aeritalia Manlio Quarantelli, costrinse la Rolls-Royce, non senza polemiche, alla completa riprogettazione del compressore.
In questa fase del programma, l’aereo - designato AM-X (Aeritalia Macchi-Sperimentale) - era considerato un prodotto Aeritalia, con l’Aermacchi nella posizione di fornitore associato. Nel 1981 fu poi creato un apposito consorzio industriale per la produzione dell’aereo, con la partecipazione della brasiliana Embraer. L’impegno Aeritalia era del 46,5%, con Aermacchi al 23,8% ed Embraer al 29,7%.
Quando fu lanciata la versione biposto AMX-T, il requisito AMI fu esteso alla sostituzione degli addestratori avanzati G 91T. Di conseguenza, il fabbisogno dell’Aeronautica saliva a 187 AMX monoposto e 51 biposto, suddivisi in quattro lotti produttivi. A sua volta, il requisito brasiliano sommava ai precedenti 65 monoposto altri 14 biposto, designati rispettivamente A-1A ed A-1B dalla FAB.
Le principali differenze tra gli AMX assemblati in Brasile ed in Italia comprendono l’armamento fisso: un cannone Bernardini Mk-164 da 30 mm (versione brasiliana del DEFA 554) su ciascun lato della fusoliera anteriore per la FAB; un unico cannone a canne rotanti M61A1 Vulcan da 20 mm, installato sul lato sinistro degli esemplari per l’AMI. La versione brasiliana e quella italiana dell’AMX differiscono anche per il tipo dei missili aria-aria all’infrarosso alle estremità alari: due MAA-1 Piranha per la FAB e due AIM-9L Sidewinder per l’AMI. Altra dotazione specifica della FAB è lo scompartimento nella fusoliera anteriore in grado di alloggiare tre pallet fotografici intercambiabili.
Poco dopo il Collasso dell’Unione Sovietica, nel 1989, gli AMX del quarto lotto furono cancellati da un giorno all’altro, causando un danno irrimediabile al programma AMX ed alle prospettive di vendita all’estero dell’aereo da attacco italo - brasiliano.
Quando si concluse la produzione, a metà degli anni ’90, in Italia erano stati assemblati 110 AMX monoposto e 26 biposto per l’AMI; in Brasile 45 monoposto ed 11 biposto per la FAB.
(Aeromedia)
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