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Alcuni fatti salienti dell’epopea dell’autogiro
Juan de la Cierva, nato a Murcia, in Spagna, il 21 settembre 1895, fu l'ingegnere aeronautico che inventò l'autogiro. Fin da giovane si interessò all’aviazione, costruendo modellini volanti con un gruppo di amici. Poco dopo essersi laureato, nel 1918, costruì un aeroplano trimotore che cadde l'anno dopo, a causa di uno stallo, rimanendo distrutto. Questa esperienza convinse Juan che bisognava inventare un mezzo volante "a prova di stallo".
Nel 1920 cominciò a condurre degli esperimenti volti a sviluppare un velivolo ad ala rotante. Ben presto si accorse che i rotori rigidi non erano la strada giusta. Decise di fissare le pale al perno dell'albero motore con dei cardini che ne consentissero il movimento. Questo semplice espediente manteneva uguale la portanza sulla pala avanzante e su quella arretrante del rotore, consentendo alle stesse di rimanere stabili, sollevandosi quando la portanza aumenta ed abbassandosi quando diminuiva.
L'intuizione dette i suoi frutti e, già il 9 gennaio 1923, volava con successo il primo autogiro La Cierva. Il velivolo era dotato di un gruppo motopropulsore convenzionale, con elica sul muso per l'avanzamento, ed un rotore articolato - con le pale mobili tramite cardini e mosse soltanto dal flusso dell'aria - che garantiva la portanza.
Questo è il vero segreto dell'autogiro, dove ogni pala incernierata si solleva o si abbassa automaticamente durante ciascuna rivoluzione, bilanciando la componente di rollio delle pale senza la necessità di interventi da parte del pilota. Ma questo mezzo non poteva ancora decollare senza un pur breve rullaggio, ne' atterrare verticalmente. Nonostante numerosi progetti ed esperimenti senza successo in questo campo, fu necessario attendere il 1936 per arrivare al primo elicottero veramente funzionante: il birotore tedesco Focke-Wulf Fw 61.
Probabilmente, dopo la Seconda Guerra Mondiale, l'elicottero avrebbe completamente sostituito l'autogiro, nonostante la maggiore complessità ed il costo d'esercizio, se lo statunitense Igor B. Bensen non avesse deciso il contrario. Nato nel 1917 a Rostov, in Russia, nel 1940 conseguì la laurea in ingegneria meccanica allo Stevens Institute di Hoboken (New Jersey), trovando subito un impiego alla General Electric.
Nel 1944, Igor Bensen era già a capo dell'ufficio creato dalla General Electric per studiare e sviluppare nuovi elicotteri. In quel periodo, Igor fu in grado di ispezionare prede belliche tedesche "non convenzionali" come l'Hafner AR III Rotochute ed il Focke Achgelis Fa 330 Bachstelze (Motacilla Alba, Ballerina Bianca) senza motore.
Nel 1953, Igor fondò la Bensen Aircraft Corporation con sede a Raleigh, nella Carolina del Nord. Già nel 1954, l’azienda di Bensen commercializzava piani costruttivi del suo B-6 Gyroglider. Questo mezzo non motorizzato, chiaramente ispirato al Rotochute germanico, era realizzato con tubi idraulici da 3/8 e compensato, tutto materiale facilmente reperibile in ferramenta. Il modello successivo - Bensen B-7 Gyroglider - era costruito con alluminio Reynolds "Do-it-yourself" per bricolage.
Il B-7M fu il primo “Gyrocopter” motorizzato di Bensen, equipaggiato con un motore Nelson H-59. Per i costruttori amatoriali, il tubo a sezione rotonda presentava qualche difficoltà di lavorazione, per cui Igor progettò il successivo modello B-8, la cui struttura era ricavata da tubi a sezione quadrata. A sua volta, il B-8M utilizzava di solito un motore McCulloch, del tipo normalmente impiegato sui piccoli bersagli teleguidati dell'epoca.
Col passare degli anni, i Bensen Gyrocopter diventarono i velivoli "fatti in casa" più venduti, anche se soltanto sotto forma di piani costruttivi. Successivamente la Bensen Aircraft Corporation fu anche il primo costruttore di autogiri ad offrire i propri prodotti in "scatola di montaggio" (kit), ed uno dei primi in assoluto ad introdurre questo tipo di commercializzazione nel campo dell'aviazione amatoriale sportiva.
Tra i promotori della rinascita degli autogiri, non si può dimenticare Jukka Tervamäki, nato nel 1935 a Punkalaidun, in Finlandia. Nel 1954, ancora studente, a Jukka capitò di leggere - sul mensile Life - un articolo dedicato al Gyroglider di Bensen. Sulla rivista Popular Mechanics fu invece incuriosito da un'inserzione della stessa Bensen che pubblicizzava il kit per costruirsi in casa il Gyrocopter. Non poteva essere un caso, ed il giovane finnico cominciò a sognare di possedere un autogiro. Si concentrò negli studi sull'ala rotante all'Università Tecnica di Helsinki ed alla fine si comperò la testa di rotore di un Bensen B-7M per realizzare il suo primo autogiro, battezzato JT-1. Questa macchina volò nel 1959.
Circa sei anni dopo, Jukka iniziò a lavorare su un mezzo più impegnativo, l'autogiro ATE-3 che volò per la prima volta nel 1968. Fu la prima macchina volante di questo tipo dotata di pale del rotore in materiale composito, e la prima a sperimentare l'efficacia di uno stabilizzatore orizzontale.
Alla fine, nel 1969, progettò l'autogiro monoposto JT-5 che, quando volò, destò grande interesse nel mondo aeronautico, anche a seguito di numerosi articoli su riviste specializzate. Si trattava del primo autogiro veramente moderno, a cabina chiusa e con ampio impiego di materiali compositi. L’impennaggio era formato da un timone centrale e da due pianetti fissi alle estremità degli stabilizzatori. Diversi appassionati, in vari paesi del mondo, comperarono i disegni del JT-5 per costruirsi in casa il proprio autogiro personale.
Ben presto, l'interesse di Jukka Tervamäki si trasferì dall'ala rotante agli alianti motorizzati. Il suo progetto successivo fu infatti quello del motoaliante JT-6. Di conseguenza, egli decise di vendere il suo autogiro JT-5, ricevendo parecchie offerte da vari paesi. Fu l'italiano Vittorio Magni ad aggiudicarsi la vera e propria gara.
Nato non distante da Milano nel 1938, Vittorio Magni iniziò nel 1956 la sua attività nel campo dell'ala rotante all'Agusta, lavorando nei vari reparti dove si montavano trasmissioni, propulsori e strutture. Nel 1962 fu assunto come specialista dalla Divisione Elicotteri della Montedison, acquisendo un'esperienza specifica nel settore dei trattamenti agricoli e della disinfestazione aerea. Nel 1964, insieme ad un pilota proveniente dall’Elitaliana, costituì una società di lavoro aereo basata in Lombardia e specializzata nei trattamenti agricoli.
Nel 1967, grazie al variegato bagaglio di esperienze nel settore, Magni collaborò con la Silvercraft, una nuova società nata per sviluppare l'elicottero leggero SH-4. Alla Silvercraft, mentre era responsabile della linea volo, conseguì il brevetto di pilota di elicottero. Nello stesso anno, Vittorio Magni acquistò i piani di costruzione dell'autogiro Bensen B-8M. Una volta realizzato, esso fu tra i primi a volare in Italia.
Ben prima, altri due girocotteri furono realizzati a Torino. Il primo in assoluto era una libera interpretazione del Bensen B-7M costruita da un gruppo di appassionati guidato dal Comandante Ferruccio Vignoli, allora Direttore della Scuola Volo Motore dell’Aero Club Torino. Il secondo era un più ortodosso B-8M realizzato da Agostino Murchio, autocostruttore in anticipo con i tempi e socio dello stesso sodalizio. Attorno a queste iniziative, nel 1962, venne anche fondata la STAR - Sezione Torinese Ala Rotante dell’Aero Club Torino. L’autogiro fuoriserie del Comandante Vignoli, dotato di un quattro cilindri a due tempi McCulloch O-100-1 da 74 hp con elica bipala in legno, ebbe una vita breve ma intensa. Presumibilmente nel 1963, ancora senza motore, l’autogiro effettuò alcuni voli al traino di un automobile, per verificare la funzionalità del rotore. Dopo l’installazione del gruppo motopropulsore, l’autogiro effettuò qualche prudente balzo con finte marche “I-STAR” ma in seguito, per un motivo non noto, assunse l'identità altrettanto fittizia di “I-SART”. Dopo altri brevi voli di prova abbastanza soddisfacenti, durante un rullaggio il rotore tranciò l’imponente timone dell’autogiro. Vignoli, a questo punto, decise di accantonare prudenzialmente il suo gioiello, come cimelio per la posterità.
Il Bensen B-8M di Murchio, nel frattempo, era stato ultimato ed immatricolato “I-FRUI” (chiavistello in dialetto piemontese). Il Comandante Vignoli, fresco dell’esperienza in materia, si incaricò dei voli di prova ma, ben presto, sfuggì miracolosamente indenne ad un disastroso atterraggio. Da allora, non si videro più autogiri all’aeroporto Torino/Aeritalia, fino al recente arrivo dell’ ELA 07 Cougar dell’Aeromnia.
Le marche di entrambi i mezzi non erano ufficiali perché, in Italia, le costruzioni amatoriali non erano ancora regolamentate dall’autorità tecnico-aeronautica (l’allora RAI – Registro Aeronautico Italiano) e pertanto risultavano illegali o quantomeno “non previste”.
Non si può concludere questo cenno alla preistoria degli autogiri torinesi senza ricordare che il Comandante Vignoli, il 4 agosto 1994, donò il relitto dell'I-SART al GAVS Torino che, in presenza di uno sponsor adeguato, intende ultimarne il restauro statico. Per ora, il motore McCulloch è in corso di meticolosa ricostruzione funzionale e l’elica (mancante) è stata costruita ex novo.
Come sopra esposto, all’inizio degli anni settanta, Magni acquistò il JT-5 di Jukka Tervamäki. L'accordo prevedeva la cessione delle attrezzature di costruzione, degli stampi e delle informazioni relative alle pale del rotore in composito. Tuttavia, nel viaggio di ritorno verso Milano, mentre l'auto di Magni era nel parcheggio di una stazione di servizio, furono rubati i bagagli, compresa una borsa piena di documenti e disegni dell'autogiro. Così fu necessario basarsi sui ricordi e su altre copie di disegni inviate dalla Finlandia. Dopo essere stato riassemblato, il JT-5 fu ridenominato Magni MT-5, ricevette le marche "provvisorie" I-MAGN e, tra l’altro, partecipò al primo Raduno del Club Aviazione Popolare, svoltosi a Vizzola Ticino nel 1973, e ad alcune delle successive edizioni. In quel periodo, l’autogiro di Magni volava con il logo “Eligiro”.
Nel 1977, Vittorio Magni fondò la VPM (Vittorio e Pietro Magni Srl), con sede a Cavaria (Varese), dedicata alla progettazione ed allo sviluppo di autogiri, mono e biposto, basati sulla testa e le pale del rotore del JT-5.
Nel 1980, Magni richiese a Jukka Tervamäki il progetto di un nuovo autogiro biposto. Inizialmente il mezzo, caratterizzato da una cabina chiusa con due posti affiancati, dotato di doppio timone e propulso da un Lycoming da 150 cavalli, ricevette la sigla MT-7 (Magni-Tervamäki). Il progettista finnico eseguì i calcoli strutturali e consegnò i disegni di massima a Vittorio Magni che sviluppò in dettaglio il progetto. La macchina che ne derivò - ridesignata modello VPM S-2 - fu completata nel 1984 ed identificata dalle marche I-VILU.
Il primo importante successo commerciale della VPM giunse nel 1986, quando la società di Magni stipulò un contratto con la spagnola CENEMESA (Constructora Nacional de Maquinaria Eléctrica), alla quale fu conferita la licenza di costruzione di due autogiri: il monoposto MT-5 ed il biposto S-2 (MT-7), entrambi motorizzati Arrow.
Nel 1996 la VPM fu ribattezzata Magni Gyro, con rinnovato impegno nel migliorare i modelli in produzione e nello svilupparne di nuovi. Parallelamente venivano prodotte parti in composito per conto di importanti aziende come l’Agusta e l’Aerea.
Dopo un primo periodo a Cavaria, la Magni Gyro ebbe una prima fase di espansione nel 2000, quando si trasferì in un edificio di 900 metri quadrati a Besnate, sempre in provincia di Varese. Nel gennaio 2008 fu aggiunto un altro capannone da 2.000 metri quadrati, in grado di consentire la produzione di almeno sei giroplani al mese, pari ad un volume annuale di 60-70 macchine. Il livello di qualità progettuale e costruttiva della Magni Gyro ha permesso all'azienda italiana di raggiungere una posizione al vertice del mercato, con una gamma di prodotti - come i biposto M-16 Tandem Trainer, M-22 Voyager ed M-24 Orion - che sono un vero punto di riferimento per il resto del settore.
Oltre alla Magni Gyro ed alla spagnola ELA Aviación, descritte in forma estesa, perfino troppe altre aziende si sono inserite nel settore degli autogiro, proponendo - con alterne fortune - una pletora di mezzi assemblati, in kit o sotto forma di disegni costruttivi. La lunga lista di iniziative comprende: AAT – Advanced Aircraft Technologies (Austria); Air Command (USA), Air Copter (Francia); Air Bet (Spagna); Aircraft Design (USA); Astra Aero (Russia); Aerso Aviation (Francia); Autogyro (Germania); Barnett Rotorcraft (USA); Bauer Avion (Repubblica Ceca); Butterfly (USA); Carpenterie Pagotto (Italia); Carter Copters (USA); Celiar Aviation (Polonia); Chayair (Sud Africa); Eben Mocke (Sud Africa); GBA - Groen Brothers Aviaton (USA); Gyro-Kopp-Ters (USA); Gyrotec (Germania); Layzell Gyroplanes (Regno Unito); Little Wing Autogyros (USA); Merlin Autogyros (Regno Unito); Michel Delluc (Francia); Midwest Engimeering & Design – Flitplane (USA); North American Rotorwerks (USA); Ralf Taggart (USA); Rotor Flight Dynamics (USA); Rotor Hawk Industries (USA); Rotortec (Germania); Schröder Gyrocopter (Germania); Sport Copter (USA); Star Bee Gyros (USA); UFO - Ultimate Flying Options (Nuova Zelanda) e Vortech (USA). Quest'ultima commercializza tuttora i piani costruttivi del Bensen B-19 Glider e del B-20 Kopter, monoposto con motore da 35 hp. A queste ditte si aggiungono vari costruttori indipendenti che hanno sviluppato il loro proprio tipo di girocottero. Per tutti citiamo il biposto cabinato EJM-002, realizzato nel 2004 dal pilota francese Jean Marie Enfissi. E questo è solo uno dei tantissimi esempi di grande perizia e passione individuale che hanno sempre carattarizzato il magico mondo degli autogiri.
Nella foto: Autogiro AVRO Type 671 (c/n 753) I-CIER al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonado da Vinci” di Milano, negli anni ’70 del secolo scorso. Si tratta del Cierva C.30A G-ACXA costruito su licenza in Gran Bretagna negli anni ’30 del secolo scorso. Con altri esemplari, fu acquistato e valutato con esito negativo dalla Regia Marina (MM30030). L’iniziativa creò anche un epico conflitto di competenza tra Regia Marina e Regia Aeronautica. Nel 1941, il velivolo fu ceduto al milanese Vittorio Bonomi, con marche civili I-CIER. L’autogiro soppravvisse alla seconda guerra mondiale e volò fino al 1948. Fu infine restaurato e donato, all’inizio degli anni ’70, al museo milanese. (Cartolina collezione Luigi Perinetti)
(Aeromedia, con contributi dal sito di Jukka Tervamäki: http://www.icon.fi/~jtki/)